La vulvodinia, cioè il dolore vulvare, non è una sindrome rara e soprattutto il dolore e la diagnosi tardiva arrivano a compromettere la qualità di vita anche sessuale di donne giovani. Troppo a lungo è stata considerata una condizione psicologica più che una malattia dell’apparato femminile e solo di recente si è cominciato a parlarne in maniera più seria, anche se visti i ritardi accumulati nel tempo oggi è ancora poco diagnosticata e mal curata.
La vulvodinia è una malattia che colpisce la parte esterna della vagina (la vulva) ed è caratterizzata da un dolore talmente forte da rendere impossibile compiere anche le azioni più semplici, come sedersi o accavallare le gambe. Spesso si possono avvertire sensazioni e dolori, bruciori, cistiti, candidosi, dolori del pavimento pelvico etc. Le donne che ne soffrono, presentano un alterato processo sensoriale delle vie del dolore. In questo caso è presente un un’iperattività di alcune cellule, i mastociti, che altera le strutture nervose, rilascia sostanze infiammatorie nel tessuto circostante, e induce una maggiore attività contrattile dei muscoli del pavimento pelvico. Per questi motivi oggi è ancora difficile riuscire a curarla con esattezza e la prima cosa da fare è rivolgersi a ginecologi esperti di vulvodinia.
Per quanto riguarda gli esami per la diagnosi si procede con il test di toccamento. Questo esame viene eseguito con un tocco effettuato con un cotton fioc della zona esterna della vagina, il vestibolo, che, se percepito come doloroso, indirizza lo specialista verso la diagnosi di vulvodinia. Gli approcci poi per la cura sono diversi e si basano su un approccio multidisciplinare che può vedere coinvolti farmaci anti neuropatici, riabilitazione pelvica e in alcuni casi anche rimedi naturali.