Site logo

Quando il primario di ginecologia non è ginecologo.

Il sindacato Cgil e Cimo – Fesmed hanno rilasciato un comunicato molto critico nei confronti della Dirigenza Area Sanità (medici e dirigenti sanitari) dell’Ulss 5. Nella nota si evidenzia la mancanza di confronto e di contrattazione, nonché le scelte che lasciano perplessi, come l’assegnazione di ruoli di apicalità amministrativa su più settori con accentramenti di potere che non sembrano efficaci per la qualità del servizio. Viene inoltre evidenziata la sostituzione di apicalità centrali, come nel caso della ginecologia, attraverso un facente funzione della Direzione Ospedaliera, con un professionista che non ha la specialità del servizio che gestisce. La situazione è stata definita “insostenibile” dalla Dirigenza Area Sanità, che ha portato il sindacato a diffidare la Direzione di attivare l’ufficio legale per procedere legalmente per attività antisindacale, in base all’articolo 28 della Legge 300 del 1970

La situazione attuale ci preoccupa enormemente, in quanto mai vista in passato. Molti medici scelgono di lasciare il loro lavoro senza alcuna prospettiva di soluzione da parte della Direzione, la quale non sembra voler intraprendere scelte condivise per invertire questa pericolosa tendenza. Nonostante la drammaticità della situazione, in particolare per quanto riguarda la carenza di personale medico, la Direzione ha deciso di comunicare ai lavoratori il risultato senza coinvolgere i Sindacati, e questa scelta è stata contrastata in tutto il Veneto. Queste decisioni ci lasciano sbigottiti, poiché sembrano essere il risultato di una rigidità burocratica che non tiene minimamente in considerazione la risoluzione dei problemi, ma che mira solamente a tutelarsi da eventuali responsabilità amministrative. Queste scelte insensate esasperano ulteriormente i rapporti con i professionisti, spingendoli sempre di più ad abbandonare il sistema sanitario del nostro territorio, con conseguenze gravissime per la sua tenuta complessiva. Una situazione simile è semplicemente inaccettabile e ci costringe ad agire, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione, sia legali che sindacali, al fine di ripristinare il rispetto reciproco e creare le condizioni necessarie per un clima di lavoro sereno e produttivo, sia per i professionisti che per il futuro sanitario del nostro territorio.