Attraverso un qualsiasi tipo di rapporto sessuale è possibile contrarre una delle tante infezioni sessualmente trasmesse se il partner è già infetto, sebbene, come spesso accade, asintomatico. Ad esempio, la clamidia è un’infezione sessualmente trasmessa che può dare sintomi anche molto lievi, ma non deve essere considerata “solo un’infezione vaginale”. Infatti, come dimostra la letteratura scientifica, nella donna le conseguenze dell’infezione possono manifestarsi nel lungo periodo in modo permanente.
Come detto, la clamidia che è una delle più comuni infezioni sessualmente trasmesse, a causa dei sintomi spesso lievi o assenti, spesso viene trascurata o non ci si accorge di problemi fin quando non ci si rivolge ad uno specialista per la cura. Il problema può verificarsi se i sintomi anche lievi vengono nel tempo trascurati. Questo può portare a conseguenze gravi soprattutto a carico dell’apparato riproduttivo femminile. Quando presenti, i sintomi compaiono dopo 1-3 settimane dall’infezione, con secrezioni mucose filanti, perdite di sangue, sensazione di irritazione.
Nel momento in cui una donna entra in contatto con agenti patogeni sessualmente trasmessi (per via vaginale, anale, orale), i batteri risalgono lungo la superficie della mucosa, dalla cervice, e si diffondono all’endometrio e infine alle tube, sviluppando impervietà tubarica e rischio di infertilità. E’ stato stimato che l’infezione da clamidia non trattata è responsabile di circa il 15% delle diagnosi di malattia infiammatoria del pavimento pelvico nelle donne, e che nel 10-20% dei casi è responsabile dell’infertilità femminile. Inoltre, la malattia infiammatoria pelvica può dareorigine a endometrite, parametrite, salpingite, ooforite, peritonite pelvica e ascesso ovarico, che possono causare dolore pelvico cronico, occlusione tubarica, sterilità, rischio di gravidanza extrauterina e parto prematuro.
Non va trascurato poi il fatto che le persone affette da clamidia hanno un rischio aumentato di trasmettere/acquisire il virus HIV rispetto alle persone non contagiate da clamidia. Infine, la donna che contrae l’infezione pre o durante la gravidanza, espone il nascituro a un rischio maggiore di trasmissione dell’infezione da clamidia con il parto, con conseguenze neonatali quali congiuntivite (30-50%) e/o polmonite (10-20%).
Tuttavia, dati recenti di letteratura scientifica suggeriscono che non tutte le infezioni hanno le stesse conseguenze.
E’ come al solito importante la prevenzione e sottoporsi a regolari visite ginecologiche. L’esame della clamidia avviene con tamponi endocervicali e vaginali, effettuati durante la visita ginecologica, oppure tamponi rettali, orali o esami in campioni di urine, sulla base dei sintomi riferiti dalla donna. In caso in cui l’esito sia positivo, saranno richiesti altri esami quali il test sierologico per HIV e la ricerca di altre infezioni sessualmente trasmesse. Inoltre gli esami dovranno essere effettuati anche da tutti i partner sessuali.