“Nasce Alessandra: Primo Trapianto d’Utero in Italia Riuscito”
Alessandra è il nome della neonata, la prima in Italia a venire al mondo grazie a un trapianto d’utero dalla madre. Questa è stata la sesta procedura di questo tipo a livello mondiale ed è avvenuta in una donna di 37 anni affetta dalla sindrome di Rokitansky. Il trapianto è stato eseguito con successo da un donatore deceduto.
La piccola Alessandra è nata prematura a causa di una infezione da Covid-19 contratta dalla madre durante la gravidanza. Al momento, la neonata riceve assistenza respiratoria, ma non è intubata e ha risultato negativa ai test del Covid-19. Nel frattempo, la madre sta seguendo una terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto dell’utero trapiantato. Il trapianto stesso è stato eseguito nel 2020 presso il Centro Trapianti dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Catania come parte di un programma sperimentale coordinato dal Centro Nazionale Trapianti, seguito da un percorso di fecondazione assistita.
Il trapianto d’utero è una procedura sperimentale documentata in circa 70 casi in tutto il mondo. È stato inizialmente eseguito negli Stati Uniti (a Dallas), in Svezia, Brasile, Arabia Saudita, Cina, Repubblica Ceca, Germania, India, Serbia, Libano e Belgio. Il primo caso al mondo di un bambino nato vivo da una gravidanza dopo un trapianto d’utero è stato riportato nel 2014 in Svezia.
Le donne che richiedono il trapianto d’utero sono principalmente quelle che non possono portare una gravidanza a termine a causa di malformazioni congenite come la sindrome di Rokitansky o la sindrome di Morris, che comportano l’assenza congenita dell’utero, oppure dopo aver subito un’isterectomia per vari motivi come emorragia postpartum o patologie ginecologiche. Anche le donne con adenomiosi grave o amenorrea da sindrome di Asherman potrebbero essere candidate al trapianto.
In teoria, le donne trans (male-to-female) hanno il diritto di accedere a queste procedure per consentire loro di avere una gravidanza. Tuttavia, la struttura anatomica della neovagina e della pelvi ossea in questi casi può rappresentare una sfida per l’attuazione di questa tecnica, almeno finché rimane in fase sperimentale.
Nel gruppo di donne che ha ricevuto un trapianto d’utero, la maggioranza presentava sindrome di Rokitansky, mentre alcune avevano subito isterectomia o soffrivano di sindrome di Asherman. L’età media delle riceventi era di 28 anni.
Le donazioni di uteri sono state effettuate principalmente da donatrici viventi, spesso parenti delle riceventi. Questo è stato fatto in 36 casi, mentre in 9 casi i donatori erano deceduti. Le donatrici viventi hanno un impatto migliore sulla qualità dell’organo trapiantato, poiché subiscono meno stress legato all’ischemia e alla riperfusione. La giovane età della donatrice è importante, poiché le arterie diventano più rigide con l’età, il che potrebbe influenzare la vascolarizzazione e quindi il rischio di rigetto dell’organo trapiantato.
Tuttavia, è importante notare che ci sono rischi per la salute delle donatrici, con il 28% delle donatrici viventi che hanno riportato complicanze postchirurgiche minori e l’11% che ha avuto complicanze gravi.
Dopo il trapianto, le riceventi devono sottoporsi a terapia immunosoppressiva per prevenire il rigetto dell’organo. Poiché molte di queste donne desiderano una gravidanza, vengono scelti farmaci compatibili con la gestazione stessa e non teratogeni. Nel 45% dei casi, le pazienti hanno presentato sintomi di rigetto, mentre il restante 55% non ha avuto problemi di questo tipo.
La gravidanza dopo un trapianto d’utero avviene tipicamente attraverso la fecondazione in vitro e il trasferimento di embrioni, poiché le riceventi spesso non hanno le tube. Nel complesso, su 45 procedure descritte in letteratura, 13 hanno richiesto un’isterectomia d’urgenza per diverse complicanze, principalmente nei primi 15 giorni dopo il trapianto. Le riceventi hanno riscontrato complicanze postchirurgiche nel 45% dei casi, alcune delle quali gravi.
Nonostante le sfide e le complicazioni, ci sono state 18 nascite vive dopo trapianto d’utero, dimostrando che la gravidanza è possibile in queste circostanze. Tuttavia, il parto avviene spesso tra le 32 e le 35 settimane e richiede un taglio cesareo. Nonostante alcune complicanze, tutti i neonati nati erano sani e senza anomalie congenite.
Dopo la gravidanza, alcune donne hanno scelto di rimuovere l’utero trapiantato per eliminare la necessità di farmaci immunosoppressori, mentre altre continuano a mantenere l’organo trapiantato funzionante, con i cicli mestruali regolati dall’attività ovarica.
In conclusione, la gravidanza dopo un trapianto d’utero è una possibilità, sebbene rimanga una procedura disponibile solo in pochi centri chirurgici di eccellenza. Ulteriori studi saranno necessari per valutare in modo più dettagliato gli esiti delle gravidanze per le madri e i neonati.